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Le scalette 2012

Scaletta di lunedì 16 aprile 2012

DIEGO MANCINO LIVE

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    Dr John "Revolution"Diego Mancino & Dj Myke
    The Black Keys "Dead And Gone"
    Bob Marley "Stir It Up"
    Chris Garneau "No More Pirates"
    Beirut "A Candle's Fire"
    Damien Jurado "Nothing In The News"
    First Aid Kit "The Lion's Roar"
    Ani Di Franco "Lifeboat"
    Piers Faccini "No Reply"
    Guano Padano & Mike Patton "Pairie Fire"

      
         
    DIEGO MANCINO LIVE
              
    Diego Mancino "Nei Baci No" (Live)
    Diego Mancino "Come Dei Ragazzi" (Live)
    Diego Mancino "E' Necessario" (Live)
    Diego Mancino "Cose Che Cambiano Tutto" (Live)
        
               
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    Diego Mancino

    Live a Moby Dick

    Lunedì 16 aprile 2012

    Ore 21.30 Radio2

     

    Moby Dick, la balena musicale di Radio2 condotta da Silvia Boschero, ospita lunedì 16 aprile alle 21.30 il cantautore milanese Diego Mancino, fresco di un nuovo album, “È necessario”, e di una completa svolta stilistica.

     Coprodotto da Dj Myke (Fabri Fibra, The Bloody Beetroots, Cor Veleno) e Marco Zangirolami (Fabri Fibra, Nesli, Dargen D’Amico, Vacca, Caneda, Ensi, Raige), “E’ necessario” mette assieme undici canzoni che rappresentano “un manifesto poetico spedito dal futuro per insegnarci il presente, il mestiere di vivere, la lotta per l’amore, la conquista del nostro posto nel mondo”. Dimenticate le chitarre acustiche e le atmosfere intimiste, questo è un nuovo Mancino, accompagnato da due piatti, da un minimalismo pianistico alla Erik Satie, da groove elettronici, da sperimentalismi.

    Diego Mancino, dopo “Cose che cambiano tutto” (2005) e “L’evidenza” (2008), reinventa se stesso e il mestiere di scrivere musica popolare. Non è più parte di una band, è il membro di una crew; la sfrontatezza dell’hip-hop (mondo che ha conosciuto collaborando con Fabri Fibra nel brano “Idee stupide” e che ha continuato a frequentare) l’ha liberato dagli stilemi della scrittura, l’ha avvicinato al minimalismo, a scrivere canzoni da ballare, a comunicare un messaggio attraverso brevi, efficaci frasi. Diego racconta del disco: “Lavorare con un dj ha portato alla luce un nuovo senso del divertimento, mi ha portato in un territorio senza limiti, in una terra inesplorata dove non ci sono fantasmi che ti sussurrano”.

        

    MOBY DISK   

    Dr. John "Locked down", Nonesuch Records

    Leggenda vuole che Malcolm Rebennack, giovane musicista e session man bianco di New Orleans, si trasformò in Dr. John in una lisergica notte del 1968. Figlio dei fiori ed ex chitarrista (dovette darsi al basso e alle tastiere dopo che in una sparatoria fu colpito ad un dito), Dr. John si costruì il suo personaggio attingendo a piene mani in un immaginario tra il sacro e il pagano, un sincretismo alla New Orleans dove ad unire il tutto, in un'acidissima cerimonia voodoo, erano il sacro fuoco del funk e del blues. Sul palco il dottore veniva abbigliato con pelli di animali, copricapo con pietre incastonate, frange, amuleti, ex voto, collane a profusione, teschi e pellicce. Il suo show, carnascialesco in pieno stile mardi gras, era teatrale e assurdo, lui e le lascive ragazze della band apparivano e scomparivano in una nuvola di fumo. Nessuno faceva cose del genere in America a quei tempi. Oggi poco è cambiato, sono solo passati più di quaranta anni, ma la musica, come un ciclo inesorabile, torna a ispirarsi al Dottore matto e a sua volta gli scrolla un po’ di polvere di dosso (anche se di fatto Dr. John non ha mai smesso di stampare dischi e da quel 1968 ne ha collezionati circa una trentina). Non è un caso che un ragazzo amante del blues come Dan Auerbach dei Black Keys (che i dischi di Dr. John li ha consumati) abbia bussato timidamente alla sua porta,da vero fan, offrendosi di produrne un nuovo album che lo ributtasse in pista. Una corrispondenza di amorosi sensi in realtà: era stata la figlia di Dr. John un paio di anni prima a consigliare al padre il disco dei Black Keys. Rimasto inascoltato per un po', alla fine il settantunenne decano del blues si è lasciato conquistare ("non capivo, potevano essere miei coetanei o ragazzini, quel che sapevo è che suonavano ottimo blues", pare abbia dichiarato), così le due strade si sono incrociate ed è nato "Locked down", dove Auerbach, oltre a produrre, suona anche la chitarra.
        
          
         
          
           
        
          
       

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